(grazie all'Archivio Carlo Desireau)
Il titolo Struttura 75/2 con cui Carlo Desireau ha intitolato l’opera custodita nella Collezione del Premio Termoli, fa parte di un gruppo di lavori costituenti il risultato di percorsi e studi intrapresi dall’artista all’inizio degli anni Cinquanta.
Desireau approda nel corso del tempo ad un linguaggio costruttivo personalissimo: da una parte si interpone tra pittura e grafica; mentre dall’altra si avvicina verso effetti cromatici di comunicazione visiva.
A partire dagli anni Cinquanta – complici anche gli stimoli sociali e politici fiorentini – Desireau si avvicina all’Arte Astratta, che a Firenze contava su personalità come quelle di Vinicio Berti, Bruno Brunetti, Gualtiero Nativi, Alvaro Monnini. I lavori di questo periodo si incentrano su serrate intelaiature segniche che, gradualmente nel corso degli anni Sessanta, si faranno sempre più geometriche e affilate.
Successivamente, Desireau si concentra su un gioco di pieni e vuoti cromatici che trasformeranno le strutture in composizioni di tridimensionalità visiva. Come in Struttura 75/2, la particolarità di queste opere sta nella decisione dell’artista di lasciare visibili le trame geometriche che silenziosamente scandiscono i vari moduli, andando così a creare degli effetti visivo-psicologici.
Nella serie di lavori degli anni Novanta il protagonista assoluto diventa il quadrato. Quest’ultimo trova diversi modi di incastro: viene posizionato in una successione di losanghe sia orizzontali che verticali; compone delle strutture a mo’ di pavimento. Diventa il vero fulcro delle tele.
Le sue ultime opere “hanno il pregio di non chiedere riferimenti a concreti soggetti formali essendo esse stesse concrete nella forma e facilmente leggibili” (Enzo Giani, Un artista noto agli addetti ai lavori, 1994). Connotate da una prevalente verticalità, le strutture tra la fine degli anni Novanta e i primi anni 2000 oscillano tra semplici composizioni e colori vibranti (soprattutto bianco, rosso, grigio e blu).
«Si tratta di una pittura, un genere, che colpisce, avvince con un suo fascino magico ancor prima che parli e che “si spieghi”, che venga penetrato nel suo vero significato» (Gilda Chepes, Borsa d’Arte, 1965). L’artista fiorentino ha fatto inevitabilmente e intelligentemente tesoro delle esperienze del suo tempo, assimilandole nelle sue opere senza però includere troppi elementi spettacolari di rimando al passato.
Nato a Firenze nel 1921, all’inizio della sua carriera artistica Desireau stabilisce il proprio studio in via del Palazzuolo – dove collaborerà con gli artisti della scena informale. Entra da autodidatta nel dibattito artistico fiorentino grazie al collettivo dello Studio d’Arte il Moro e dalla fine degli anni Cinquanta, partecipa a varie mostre organizzate dalla galleria “Numero” di Fiamma Vigo. Esordisce con una mostra personale alla Galleria “Por Santa Maria” nel 1963 e l’anno successivo alla Galleria “Jolly” di Pistoia.
Nel 2015 viene istituito un Fondo Carlo Desirò all’Archivio di Stato di Firenze, città che rimane ancora oggi la culla del processo creativo dell’artista e che omaggiò Carlo con presentazioni, mostre personali e presenze a mostre nazionali ed internazionali.