Quando Caterina Riva mi ha contattata per selezionare tre artisti per la 64esima edizione dello storico Premio Termoli ero felice di poter far parte di questo processo. Di una messa in posa di una mostra collettiva che potesse, magari, rispecchiare il periodo storico che stiamo vivendo attraverso le azioni, le estetiche e i concetti degli artisti contemporanei. Ho sempre seguito il lavoro svolto dalla direttrice del MACTE: un progetto di curatela che indaga artisti raffinati di generazioni diverse attraverso mostre personali e collettive, operazioni educative, una riscoperta della storica collezione e una attenta ricerca a politiche legate alla natura, all’inclusione e, naturalmente, all’arte.
Per questa edizione del Premio Termoli, ciascun curatore o critico chiamato aveva del tempo a disposizione per pensare a tre artisti da invitare. La mia selezione è approdata alla scelta di due artisti e un’artista che sono attivi nel panorama contemporaneo in maniera seria, accurata, rigorosa, ma anche sperimentale. Tutti e tre, infatti, compiono una attenta analisi dei vari contesti in cui hanno scelto, in maniere e per motivi diversi, di sondare la propria poetica ed estetica. La scelta include tre visioni legate alla realtà e al modo di interpretarla, con restituzioni altrettanto differenti. Coscienti, lucidi e talentuosi a modo ognuno personalissimo, sono tre artisti di generazione e provenienza geografica disparate, che per il Premio potranno confrontarsi nello spazio, insieme ad altri colleghi e colleghe, sicuramente restituendo degli immaginari utili per affrontare e riguardare il quotidiano.
Luca De Angelis è legato alla pratica della pittura. Anzi, De Angelis rappresenta la pittura italiana che richiama il Novecento, con una colta visione sulla natura e sull’introspezione umana. L’artista, che vive e lavora a Milano, ha uno studio saturo di colori molto densi, dove predominano i blu e i verdi del paesaggio che incornicia, in maniera quasi seriale, i soggetti: le atmosfere che, elaborate con grande meticolosità su tele sempre di differenti dimensioni, o molto grandi immersive o di intima visione, non giocano mai sulla mediazione. Di solito le opere piccole rappresentano ritratti enigmatici e un po’ sospesi nel tempo, di personaggi che De Angelis immagina. La sua narrazione nasce infatti da soggetti non reali: figure spesso ibride, allungate, che si stagliano all’interno di paesaggi dove la natura prende il sopravvento, grazie a stratificazioni di dettagli che creano contesti quasi incantati. Il cinema, il disegno, il fumetto, la pittura sono ambiti di indagine che De Angelis non smette di studiare e assorbire.
Roberto Fassone applica il lavoro e la ricerca artistica alla performance e al ribaltamento di immaginari che, spesso, hanno un’apparenza nonsense, per poi, invece, sondare realtà particolari, come il mondo dell’arte contemporanea. Fassone ha iniziato a lavorare attraverso il proprio corpo indagando il mondo dell’arte, ponendosi questioni serie e analizzando i lavori di artisti del Novecento. Nel suo percorso lavorativo la centralità del corpo non ha mai perso importanza: attraverso movimenti e gesti l’artista è riuscito a interagire con la realtà ponendo quesiti e affrontandoli creando nuovi immaginari e modi di guardare o pensare il quotidiano. Il playback, la letteratura, la realtà artificiale, il gioco, lo sport, questi alcuni elementi ricorrenti della sua pratica.
Lucia Cristiani è tra le artiste visive più visionarie della generazione nata negli anni novanta. Impegnata e minuziosa, agisce in contesti sperimentali con restituzioni che ogni volta stupiscono. Le sue azioni, che nascono o da situazioni vissute che diventano ancora più personali e uniche, o che ambiscono a narrazioni collettive, spesso ricreano ambienti altri che l’artista riporta a sé con grande cura. Cristiani analizza, inventa e crea installazioni che includono oggetti quotidiani o vere e proprie installazioni scultoree con materiali sempre diversi e sperimentali. La sua poetica non sta mai negli schemi, esonda in estetiche dal grande impatto, pur mediando con colta raffinatezza.
L’incrocio generazionale, la formazione in tre aree geografiche diverse e, soprattutto, la varietà dei medium (con una particolare attenzione ai tre focus su pittura, performance e installazione), dei materiali, della narrazione e degli immaginari proposti dai tre artisti selezionati, vogliono rappresentare diverse possibilità di immaginazione ed estetiche che ancora oggi il pensiero creativo può mettere in atto. E il 64 Premio Termoli ne diventa portavoce.