Testimonianza 1961
Tecnica mista su tela
80 × 110 cm
VI Premio Termoli 1961
Foto: Gianluca Di Ioia
testo di Archivio Nato Frascà

“La mia pittura nasce da un bisogno di comunicare e di parlare, di esistere e di ribellarsi … con le angosce e le crisi, con i dubbi, gli impulsi, con tutte le forze di cui sono capace. Questo sono io e nei miei quadri non c’è da cercare altro se non la mia traccia che voglio testimoniare”.

Così scrive Nato Frascà nel diario del 1961, poco prima di partecipare alla 6° Mostra nazionale d’arte contemporanea - Premio nazionale di pittura Castello Svevo dell’agosto ’61 che si svolgeva al Palazzo Comunale di Termoli, dove presenta due opere: Testimonianza e La traccia delle mie ore.

Testimonianza ottiene il Premio Molise, una sorta di secondo premio, il cui primo viene assegnato a Giulio Turcato e Antonio Sanfilippo: “il disegno di Giulio Turcato – scrive in quei giorni Frascà – riprodotto sulla copertina del catalogo era magnifico”.

Tra il 1960 e il 1961 Frascà è al culmine della sua stagione informale, e soprattutto ad una svolta del proprio percorso artistico e nella ricerca assidua e talvolta bruciante del proprio segno, di ciò che doveva diventare ed essere il nucleo di un’unica e personale ragione della propria pittura, cioè della propria vita.

Qui la tela, quale Muro, è superficie dove, dall’ambiguo fondale, ripetuti segni centripeti semiellittici o a ghirigoro si tracciano, si addensano a partire da uno, orizzontale, che è come un lacerto vertebrale.

Frascà per il fondo fa largo uso della spatola e per i graffi/graffiti di un chiodo; questi talvolta seguono gli irregolari girali dei segni, talaltra compongono reticoli soprattutto diagonali.

“Ogni ora un atto” - scrive ancora Frascà - “ogni atto una rivolta, ogni rivolta chiama a sé nella superficie contratta un messaggio evocato sopra e dentro di sé”.

Il VI Premio Termoli segue di poco la seconda mostra personale di Frascà, tenuta a Roma alla Galleria Odyssia nel giugno ‘61, presentata da Marisa Volpi e con il supporto di Giulio Carlo Argan.

Saranno lo stesso Argan, con Palma Bucarelli e Nello Ponente a presentare a Firenze nel 1963 la prima mostra ufficiale del Gruppo Uno, fondato nel ‘62 e costituito nella fase iniziale da Frascà con Gastone Biggi, Nicola Carrino, Achille Pace, Pasquale Santoro, Giuseppe Uncini, autori tutti presenti nella Collezione del MACTE.

Il Gruppo, non rinnegando l’Informale, intendeva porsi oltre quell’esperienza, rendendosene oramai necessario il superamento; tema che, anche dal punto di vista critico, viene affrontato nel Convegno internazionale di artisti critici e studiosi d’arte di Verucchio e nella Biennale internazionale d’arte di San Marino del 1963.

In Frascà, quei segni e forme presenti in Testimonianza, verranno come a calamitarsi entro larghe ellissi o ovoidi, emergendo in seguito anche in grandi campiture colorate; in cui quei reticoli, che già vedevamo raschiati sulla superficie, costituiranno tessiture progressivamente indagate quali strutture geometriche, in cui sottilissime variazioni luminose aprono lentamente porte percettive.

Tema questo, delle ambiguità percettive, di cui la Pietra Kubus del 1972, seconda opera di Frascà custodita nel MACTE, è testimonianza; e presenza di “esistenza meravigliosa e linguaggio ineffabile”, già potentemente avvertiti nei primissimi anni sessanta.